SABATO 5 E DOMENICA 6 NOVEMBRE 2011 ORE 21.00
ETOILE CENTRO TEATRALE EUROPEO
LA COMPAGNIA
in
Per un bacio
PRIMA NAZIONALE
LO SPETTACOLO
Ispirato da una storia vera accaduta negli USA nel 2008, e liberamente tratto dal romanzo di Ivan Cotroneo “Un bacio”, lo spettacolo affronta senza pregiudizi il problema del bullismo omofobo sempre più dilagante nella società italiana e per farlo si serve di tre personaggi ben caratterizzati, ognuno con la sua storia di vita alle spalle. Due adolescenti. Un’insegnante. Un amore, un rimpianto, un atto di violenza. Tutto per un bacio.
Voglio dedicare questo spettacolo a tutti i Lorenzo e gli Antonio
che vivono in questo mondo;
A tutti gli amici e colleghi docenti perchè possano capire anche questa faccia della
luna e possano portare rispetto al loro lavoro e dovere di educatori;
A tutti i genitori che hanno imparato ad Amare
il loro figlio o la loro figlia per come in realtà è.
A tutti coloro che nel loro piccolo portano avanti questa battaglia per far si
che il concetto di Amore possa essere completo e senza pregiudizio
A tutti quelli che sono vittime sperando che possano credere di più in loro stessi
e reagire
A tutti coloro che mi sono stati vicini
in questa avventura così bella che è la vita.
Daniele Franci
di
WALLER CORSI
liberamente ispirato al libro Un Bacio di I. Cotroneo
con
ANTONIO PERISSINOTTO
LUCA LUPPI
MERI ZAMBELLI
regia DANIELE FRANCI
Responsabili di produzione Meri Zambelli e Maria Grazia De Marco
Assistente Marco Martini
Direzione tecnica Giovanni Ferrari
Amministrazione Viviana Malaguti
Ufficio Stampa Alessandra Bedenghi
Progettazione Grafica Rita Casarini.
A proposito dello spettacolo
Nonostante la vita sia molto complessa da “leggere”, spesso utilizziamo “occhiali” molto semplici che, seguendo colori a tinte molto forti, ci portano a schierarci da una parte o da un’altra a “prendere una parte”, tralasciando la complessità e le sfumature. Quando poi, ci troviamo di fronte ad una situazione di conflitto, stabilire chi ha il ruolo della” vittima” e chi quella del “carnefice” diventa determinante per sapere da che parte schierarsi e vedere confermate le proprie idee di riferimento. E’ come se l’emozione che arriva, determinando una sorta di dis-equilibrio al nostro interno, trovasse una sua collocazione in un sistema di idee che ci appartiene, che conosciamo già e tutto questo è molto rassicurante. Quando ho visto questo spettacolo l’emozione che è arrivata “ viva e potente” grazie ad un’interpretazione leggera e allo stesso tempo penetrante , spontanea e naturale, non ha potuto trovare una collocazione in un semplice“dualismo” : “vittima –canefice”, “ causa ed effetto”. Questi personaggi che si raccontano con naturalezza e semplicità a volte quasi “cruenta” sono invece intrisi di sfumature che li rendono complessi, presentando aspetti in cui ognuno di noi può identificarsi. E’ un testo che non rassicura, che non da’ conferme, e proprio per questo penso possa aiutare molto. E’ un testo che toglie gli “occhiali” mettendo lo spettatore a contatto con la complessità della vita: la famiglia, il rapporto genitori- figli, la scuola, l’insegnare, l’omologazione delle menti, il bullismo, la difficoltà ad essere se stessi, ecc. Credo infine che questo spettacolo rappresenti una grande opportunità di riflessione, conoscenza e arricchimento per alunni di scuole superiori che possono vedere rappresentate con “delicatezza” le dinamiche relazionali vissute.
G. Pellini - insegnante
Lawrence King e Jamey Rodemeyer
LAWRENCE KING
1993 – 2008
Lawrence King, Larry per gli amici, aveva 15 anni e frequentava la scuola media a Oxnard, in California, a poche decine di chilometri da Los Angeles. Il 12 febbraio 2008, un suo compagno di scuola, Brandon McInerney di 14 anni, gli sparò due colpi di pistola alla testa: inutile la corsa in ospedale e le cure di emergenza, un paio di giorni dopo Larry fu dichiarato morto e i suoi organi furono espiantati. 10 anni dopo l’omicidio di Matthew Shepard quello di Larry King, è diventato il più grave caso di delitto anti-gay negli Stati Uniti. Larry, infatti, era gay, sapeva di esserlo e lo diceva a tutti i suoi compagni;. un modo per ribadire la propria serenità. Sia la vittima sia il suo assassino venivano da storie personali molto disagiate.
JAMEY RODEMEYER
1997 – 2011
22 settembre 2011. Si chiamava Jamey Rodemeyer ed era di Buffalo, nello stato di New York. Aveva quattordici anni, e difendeva i diritti dei ragazzini omosessuali come lui. A inizio settimana ha deciso di suicidarsi, esausto per le persecuzioni omofobe che subiva dai suoi compagni, che lui aveva peraltro più volte denunciato. Ai compagni di scuola aveva svelato di essere bisessuale, e aveva intrapreso iniziative pubbliche per difendere se stesso e le persone gay e bisessuali perseguitate. "A nessuno della mia scuola importa prevenire i suicidi, voi siete quelli che mi chiamate checca e mi fate a pezzi" aveva scritto l'8 settembre. Per questo aveva ricevuto molte lettere di sostegno dai fan, ma altri sul web lo insultavano: "Sei stupido, gay, grasso e brutto. Devi morire!" e anche "Non me ne fregherebbe nulla se tu morissi. Non importerebbe a nessuno. Quindi fallo :) renderebbe tutti più felici". Il giorno dopo aveva scritto: "Io parlo sempre di quello che subisco, ma nessuno mi sta a sentire. Cosa devo fare perché la gente mi ascolti?"
Videografia
La notte del 27 Agosto 1983 Bobby Griffith si è tolto la vita a Portland, Oregon, gettandosi da un ponte. Aveva solo vent’anni. "A Prayer for Bobby" raccontava la storia vera di Bobby Griffith e della presa di coscienza del peso dei pregiudizi sociali e religiosi da parte della madre Mary dopo questa tragedia.
Discorso M. Griffith, madre di Bobby Griffith al consiglio Municipale
"L’omosessualità è un peccato. Gli omosessuali sono condannati a trascorrere l’eternità all’inferno. Se volessero cambiare, potrebbero essere curati dal maligno. Se volessero fuggire dalla tentazione, potrebbero tornare normali, se solo loro ci provassero e provassero duramente, se non funziona. Queste, sono tutte le cose che io ho detto a mio figlio Bobby, quando ho scoperto che era gay. Quando mi disse di essere omosessuale, mi crollò il mondo addosso. Feci, tutto quello che potevo per curare la sua malattia, otto mesi fa, mio figlio…si è gettato da un ponte e si è suicidato. Mi pento profondamente della mia ignoranza, riguardo le persone gay e lesbiche. Ora capisco, che ogni cosa che mi era stata insegnata e detta era bigotta e alquanto disumana, se io mi fossi informata, al di là di quello che mi era stato detto, se solo io avessi ascoltato mio figlio, quando lui mi ha aperto il suo cuore…non starei qui davanti a voi, oggi, colma di rimpianti. Credo…che Dio fosse grato della gentilezza e dell’animo amorevole di Bobby. Negli occhi di Dio, ci sono gentilezza e amore, tutto qui. Non sapevo che ogni volta che ripetevo l’eterna dannazione per le persone gay, ogni volta mi riferivo a Bobby come malato e pervertito e un pericolo per i nostri bambini… la sua autostima, il suo senso del valore, erano stati distrutti ed infine, la sua anima si ruppe irrimediabilmente. Non era volontà di Dio che Bobby si arrampicasse su quel ponte e si gettasse direttamente sulla strada dove stava passando un tir che lo uccise all’istante. La morte di Bobby è stato esito diretto dell’ignoranza dei suoi genitori e della paura della parola “GAY”. Voleva diventare uno scrittore, le sue speranze e i suoi sogni non sarebbero dovuti essere strappati da lui, ma è successo. Ci sono bambini come Bobby, seduti nelle vostre congregazioni a voi sconosciuti, che staranno ascoltando appena voi ripeterete “Amen”. E questo, presto farà cessare le loro preghiere, le loro preghiere a Dio, per la comprensione, e l’approvazione, e per il vostro amore. Ma il vostro odio, e la paura, e l’ignoranza della parola “gay” faranno cessare quelle preghiere. Quindi, prima che diciate “Amen” nella vostra casa o in chiesa, pensate! Pensate e ricordate,…un bambino sta ascoltando."
Estratto dal Film Prayers for Bobby Lifetime - 2009
Mi chiamo Bobby Griffith. Scrivo queste parole nella speranza che un giorno, tra molti anni, io possa volgermi indietro e ricordare com’era la mia vita, quando ero giovane e confuso, nel disperato tentativo di capirmi nel mondo in cui vivevo. L’altro motivo per cui scrivo è che molto dopo che sarò morto altri possano avere la possibilità di conoscermi e vedere com’era la mia vita da giovane.